I viaggi aerei sono la forma di mobilità a maggiore intensità climatica. I voli effettuati dalle aziende ogni anno rappresentano, su scala globale, circa il 15-20% delle emissioni complessive dell’aviazione; una percentuale che in Europa rappresenta addirittura il 25-30% [1]. Nonostante questo, le più grandi aziende italiane non hanno un piano per ridurre l’impatto ambientale dei loro voli aziendali. Ecco cosa emerge dal report Travel Smart Ranking 2024, realizzato per il terzo anno consecutivo dall’associazione ambientalista indipendente europea Transport & Environment. Secondo la classifica, che prende in considerazione le 328 aziende di tutto il mondo che compiono il maggior numero di viaggi aerei aziendali [2], ben 15 [3] sono italiane (5% delle 328 totali) e nessuna di loro ha impostato chiari obiettivi volti a ridurre le emissioni della mobilità aerea. Ciò segnala che le aziende italiane non stanno intervenendo abbastanza rapidamente nè stanno dimostrando un impegno proattivo rispetto alla riduzione delle proprie emissioni.
Italia maglia nera. In generale, tutte le aziende italiane analizzate nel rapporto – cioè le più grandi multinazionali del Paese – mancano di target per ridurre le emissioni dei viaggi aziendali: 13 di queste hanno ottenuto un punteggio pari a C, mentre le altre due – Iveco ed Enel – hanno ottenuto una D, il punteggio più basso, dettato principalmente dal fatto che non hanno reso note (o solo parzialmente) le proprie emissioni di viaggio, rendendo di fatto impossibile misurare il loro score climatico in materia di mobilità. Risulta dunque evidente il ritardo delle aziende italiane in confronto alle multinazionali di altri Paesi come Spagna, Paesi Bassi, Francia, Regno Unito e Germania, dove almeno un’azienda ha ottenuto punteggi come A o B.
Aziende lungimiranti vs procrastinatrici. Dall’analisi emerge una discrepanza tra aziende dello stesso settore: aziende “lungimiranti”, che fissano chiari obiettivi climatici, e aziende “procrastinatrici” che, anno dopo anno, mancano di farlo. Dall’analisi di T&E tutte le aziende italiane appartengono alla seconda categoria, avendo ottenuto score C o D e non avendo fissato target di riduzione delle emissioni per la loro mobilità interna (o non riportando in maniera completa e trasparente le emissioni dei viaggi aziendali).
Italia: settore bancario. Fra le aziende italiane del settore bancario, i colossi Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno ricevuto C come score e non hanno intrapreso un percorso verso la riduzione delle emissioni dei propri viaggi di lavoro. Tuttavia, aziende dello stesso settore di altri paesi, come la Lloyds Banking e Fidelity International conquistano una A, dimostrando che il percorso verso la riduzione delle emissioni passa dalla volontà di agire concretamente.
Italia: settore manifatturiero. Anche nel settore manifatturiero le aziende italiane sono agli ultimi posti. I tre principali “viaggiatori aziendali” di questo settore – Danieli & C. Officine Meccaniche, Maire Tecnimont e IMA spa – registrano tutti una votazione pari a C, poiché nessuno di loro ha ridotto l’impatto della propria mobilità corporate. In altri paesi, invece, i grandi protagonisti del settore manifatturiero, come Michelin o Steelcase, hanno strutturato ambiziosi programmi per far fronte a questo problema, sostituendo i viaggi aerei con modalità di trasporto alternative, oppure investendo su modalità di collaborazione virtuali. Danieli & C Officine Meccaniche e Maire Tecnimont registrano – dopo la controllata di Stato Leonardo – i valori emissivi dai viaggi aerei più elevati in Italia, in termini assoluti.
“Le aziende italiane devono urgentemente fissare degli obiettivi per ridurre le emissioni dei viaggi aziendali. Non ci sono scuse per cui non si debba intervenire: lo dimostrano le controparti di altri Paesi che hanno fissato obiettivi chiari. Cosa sta impedendo ai “procrastinatori” italiani di fare lo stesso? La nostra ricerca evidenzia la netta differenza tra aziende impegnate nella sostenibilità e quelle aziende che non si assumono pienamente la loro responsabilità climatica” spiega Carlo Tritto di Transport & Environment Italia.
Poche aziende dal grande impatto. Guardando a tutte le aziende analizzate nel ranking, emerge che alcune tra esse hanno un impatto sproporzionato, e contestualmente un maggiore potenziale di riduzione delle emissioni: il 7% delle 328 aziende è responsabile del 36% delle emissioni per voli di lavoro.
I top 25 frequent flyers, cioè le 25 multinazionali che hanno volato di più per lavoro – tra cui figurano Volkswagen, Accenture, KPMG e Johnson & Johnson – non solo hanno causato emissioni in modo sproporzionato, ma stanno mancando anche di adottare piani per ridurre il numero di voli inquinanti [4]. La campagna Travel Smart chiede alle aziende di fissare obiettivi di riduzione della mobilità corporate aerea del 50% almeno, entro il 2025 o prima. Un impegno simile è necessario per rendere le emissioni dell’aviazione compatibili con i target climatici della COP di Parigi. Se solo queste 25 aziende si impegnassero a ridurre i loro viaggi di lavoro di circa la metà, si conseguirebbe un risparmio di 5.9 mt di CO2, pari alle emissioni prodotte da 3 milioni di auto in un anno.
Siemens, Microsoft e Google tra le aziende senza piani per la riduzione dei voli. Nella classifica dei principali flyer sprovvisti di un programma di intervento solido nella riduzione delle proprie emissioni figurano anche aziende con un’immagine climate friendly come Siemens, Microsoft e Google. Ad esempio, le emissioni di Siemens nel 2019 erano pari a 0,31 Mt di CO2, l’equivalente di quasi due voli giornalieri, per un intero anno, da Londra a New York. Senza adeguati obiettivi di riduzione delle emissioni, il livello delle emissioni dai voli aziendali rischia di tornare ai livelli pre-covid, come rilevato dal sistema di tracciamento elaborato da T&E.
T&E: serve un programma chiaro di riduzione dei voli.“I frequent flyer aziendali hanno una responsabilità enorme nella riduzione dei loro voli. Nonostante il trasporto aereo sia il più intenso dal punto di vista delle emissioni di carbonio, e dopo anni in cui il mondo del lavoro ha imparato ad usare il tele-lavoro e collaborare da remoto diminuendo gli spostamenti, molte aziende devono ancora muovere un dito per agire sull’impatto climatico dei loro viaggi. Sono necessarie più azioni e impegni vincolanti per ridurre l’impatto dei voli aerei delle aziende” conclude Carlo Tritto.
Note per gli editori:
[1] McKinsey & Company, The Travel Industry Turned Upside Down Report, September 2020,
[2]Le aziende sono selezionate sulla base di una serie di criteri, elencati alla prima domanda della sezione 2 “Questions & Answers: Methodology”, a pagina 6 dello studio completo.
[3]Le aziende italiane incluse nel Travel Smart Ranking sono: Assicurazioni Generali; Danieli & C. Officine Meccaniche S.p.A.; Maire Tecnimont SpA; UniCredit; IMA spa; Intesa Sanpaolo; Mediobanca; ENI SpA; Ferrari; Leonardo; Mundys; Prada; Prysmian spa; Iveco; Enel SpA.
[4] Le 25 aziende menzionate sono i principali viaggiatori del 2019 dalla selezione di 330 aziende nel Travel Smart Ranking (lista completa qui). Sono responsabili del 36% delle emissioni delle aziende nella classifica.
Il Travel Smart Ranking classifica 328 aziende statunitensi, europee e indiane sulla base di 11 indicatori relativi alle emissioni di viaggi aerei, agli obiettivi di riduzione e alla trasparenza dei dati. Le aziende ricevono un voto A, B, C o D. Nell’edizione di quest’anno della classifica, 16 aziende hanno ottenuto un punteggio A, 40 hanno ottenuto una B, la grande maggioranza ha ricevuto una C (230) e 42 aziende hanno visto un punteggio pari a D associato al proprio nome. Sono 44 le aziende che fanno luce sull’impatto climatico completo dei loro viaggi (incluse le emissioni non di CO2), in aumento rispetto ai 40 dell’anno scorso. Questa è la terza edizione della classifica.
Questa classifica riguarda solo la mobilità aziendale aerea, cruciale nella riduzione delle emissioni e per il futuro di un’aviazione sostenibile. Ovviamente la responsabilità climatica e ambientale di un’azienda si estende a molti altri settori e ambiti.